giovedì 14 febbraio 2013

Leggendo Kafka.

Il sole entra dalla mia finestra a illuminare il gatto. Seduto sul piano di lavoro della cucina (tranquille, poi lo pulisco).
Un mobiletto Ikea tagliuzzato dall'inquilina precedente, che come me , non aveva un tagliere. Forse per lo stesso mio motivo, la noia di dover entrare in in negozio di articoli per la casa.
Da IKEA mi ubriaco e compro cose inutili, ma belle.
Al tagliere non ci ho mai pensato.

Il tavolo, quasi monoposto al centro della "cucina abitabile" rivestito ancora della cerata natalizia, addobbata con gocce di acrilico utilizzato da Sarah per dipingere la pasta al sale.
Sotto il tavolo due piedi in Pantofole che mi guardano, una tuta grigia che copre calzettoni di Lana.
Salgo è vedo un volto con la barba incolta, delle labbra che espirano "fumo" (in realtà vapore da sigaretta elettrica, in casa non si fuma).
Quando l'ho conosciuto era astemio, e non
fumava.
Quando l'ho conosciuto era "quasi nerd", aveva il fascino nascosto del ragazzino diciottenne iperprotetto da mamma.
Non era bello, ma aveva un suo perché..
Quando l'ho conosciuto aveva in tasca un biglietto del treno, doveva partire militare.
Quando l'ho conosciuto avevo 15 anni.
Capite che è passato tanto tempo. Vent'anni esatti.
Ed eccoci ancora qui, ancora insieme.
Dopo aver superato mille tempeste, aver seppellito un figlio, averne visto nascere un altro.
E mentre io  leggo Kafka, lui, sentendo una cosa alla tv mi chiede chi sia mai Rembrandt.
Ignorante?
No, ingegnere.
Eppure anche ora, ha un suo perché. Nonostante gli anni e i capelli in meno.

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