Questo post nasce dalla tendenza che molte persone hanno a confrontare diversi dolori, il dolore per un figlio nato e perso, e il dolore per un aborto...spesso mi sono sentita dire, sono dolori uguali. In realtà a questo mondo l'intensità del dolore non si può misurare, essa è soggettiva. E dunque non si può giudicare o confrontare due dolori. Inoltre, non amo l'atteggiamento di chi si scaglia contro le donne che scelgono interruzioni volontarie di gravidanza, una scelta mai facile e che viene giudicata superficialmente e non conoscendo i fatti, che , anche in questo caso, sono soggettivi...mi sono messa quindi la divisa bianca che mi appartiene, e vi regalo 60 minuti del mio tempo (tanto ho impiegato a scrivere questo post), sperando che possa aiutare chi ha dovuto affrontare una perdita a non lasciarsi andare...capire ciò che ci sta capitando esorcizza, spesso il dolore. E chi sta vicino a persone che hanno subito questa perdita a trovare il modo adatto per star loro vicine.
pablo picasso: donna che piange galleria Tate Modern di Londra. |
La radice etimologica della parola aborto è nel termine latino abortus, da ab-orior, letteralmente “venir meno nel nascere, non nascere, morire”; con questo termine, che è il contrario di orior, nascere, si intende dunque la fine del percorso vitale del bambino in utero.
Letteralmente aborto significa morto, perduto. La parola morto richiama inevitabilmente un altro termine, lutto, anch’esso derivante dal latino luctus (da lugere, piangere) ovvero pianto, afflizione profonda causata dalla perdita di una persona cara.
Quando parliamo di aborto, parliamo della cessazione di un processo, la genitorialità.
Questo processo può essere un processo indotto dalla natura, o scelto dalla donna.In entrambi i casi si innesca un meccanismo di lutto..un lutto che non viene riconosciuto dalla società, per cui non si piange, un lutto senza cerimoniale...
Sì, il cerimoniale. Che ci piaccia o no un funerale pone la parola fine. La concretizza. L'aborto non prevede nessun cerimoniale, e così il lutto diventa "sordo"...Un lutto non risolto causa gravi problemi a chi lo subisce, e causa problemi all'intera società.
L'aborto è un vero attacco alla psiche femminile, ed infatti è descritta una vera e propria sintomatologia del lutto complicato.
I sintomi più frequenti di questa sindrome sono aspetti depressivi, sintomi tipici del panico, disturbi del comportamento alimentare o disturbi da uso di sostanze (Bradshaw & Slade 2003; Brockington 2000).
Ancora di più quando questo deriva da una scelta, insieme alla perdita si subisce la scelta di perdita. Una perdita di cui raramente si può parlare, e che diventa incondivisibile.
Molte donne manifestano i sintomi tipici del lutto come confusione, prostrazione, colpa, rabbia, vuoto e riportano elevati livelli di sofferenza (Bianchi-Demicheli et al. 2002).Questa sofferenza rischia di diventare ogni giorno più grande,
se non si condivide, se non se ne parla col partner, se non ci si libera il dolore diventa una zavorra che impedisce di vedere oltre, la vita che continua, il sole che continua a sorgere.
se non si condivide, se non se ne parla col partner, se non ci si libera il dolore diventa una zavorra che impedisce di vedere oltre, la vita che continua, il sole che continua a sorgere.
Ci si sente sole, quasi si fosse le uniche ad aver subito quella perdita. Ci si arrabbia perchè gli altri continuano a vivere, ma di fatto l'aborto colpisce ogni anno milioni di donne.
Potreste iniziare a parlare con una sconosciuta, per la strada, e scoprire che anche lei ha subito quella perdita.
Le donne che scelgono di abortire (e non è mai una scelta facile) di fatto si ritrovano ad essere colpevolizzate, sentendosi rispondere "ci potevi pensare prima". Al lutto non risolto si aggiunge la sensazione di sentirsi chiamare assassine...
Approcci di questo genere spesso costituiscono le uniche alternative al silenzio e hanno il solo risultato di alimentare l’isolamento, il senso di indegnità e di giudizio, ed anche il senso di smarrimento profondo e di fragilità personale tipici della fase iniziale di ogni lutto.
Per non incorrere in tutte le conseguenze psicopatologiche che ne derivano il lutto si dovrebbe poter affrontare, non nascondere, temendo giudizi di rigore religioso, familiare, della società.
Al posto di un supporto empatico e non giudicante, che potrebbe semplificare non la portata della perdita ma la sua elaborazione, troviamo spesso soltanto silenzio, distacco e isolamento che, come è noto, complicano il lutto sempre e comunque (De Puy Candace & Dovitch Dana, 1997 ).
La vita della donna gira intorno a quella perdita, e tutto ne viene compromesso. La vita familiare, la vita sociale,la vita sessuale.
Si può vivere un periodo più o meno lungo di abbattimento, costernazione, inibizione, astenia o iperattività paradossale e difensiva.
E' forte il rischio di rimanere imprigionate dal passato, e lontane dal presente.
L'aborto oggi ha un peso nella vita della coppia, di molto maggiori a qualche hanno fà, e questo perchè gli esami ecografici rendono il bambino "esistente" e "vivo", e non più solo un'idea.
La sintomatologia agisce sul sonno, e ci si puo risvegliare in seguito ad incubi con una sensazione di vuoto, di perdita...
Pena, rabbia, colpa, rimpianto, perdita di interesse per la realtà circostante e stato di abbandono sono tra le emozioni più frequenti e destabilizzanti, per la loro intensità e pervasività. I sentimenti del lutto possono anche avere effetti fisici
come un senso di tensione muscolare o di rigidità, di oppressione nel petto, profonda stanchezza, ansia, insonnia o sonnolenza eccessiva, diminuzione drastica o aumento smisurato dell’appetito.
E' preferibile non cercare di dimenticare, ma affrontare queste emozioni a viso aperto, sapendo che il tempo, le nuove esperienze, le faranno diminuire e vi aiuteranno a controllarle.
Non affrontare queste emozioni significa legarsi ad un ricordo, l'atteggiamento di che vuole a tutti i costi ricordare "per non dimenticare", per non sentirsi in colpa, è un atteggiamento che alimenta le sensazioni di vuoto e destabilizza la psiche.
Il vostro bambino, reale o immaginato, non lo dimenticherete mai, perchè il cervello non dimentica i sentimenti.
Ammalarvi non lo riporterà indietro.
Abbiate cura della vostra salute, vivete il presente, non isolatevi, i vostri sentimenti luttuosi fanno parte del percorso di vita, rendeteli costruttivi, permettete loro di farvi rielaborare le priorità, non autodistruggetevi.
Vivete la vostra perdita rispettando, innanzitutto voi stesse.
a cura di Maria Pia Cannizzaro, infermiera non obiettrice di coscienza.
( i commenti non pertinenti, offensivi o dannosi verranno rimossi a insindacabile giudizio della blogger)
IL 12 giugno c'è un appuntamento col nostro futuro...contro il nucleare, VOTA Sì
grazie
RispondiEliminadi nulla. tvb
RispondiEliminaE' veramente magnifico questo post.
RispondiEliminaComplimenti davvero. Spero tanto che google lo porti su in alto, cosicché chi abbia bisogno di leggere le tue parole, lo trovi subito.
Brava! bisogna parlarne, ti dirò di più, nella cultura non è proprio presente una vera e propria cultura del lutto...e non parlo solo di perdita di persone, che è l'espressione più grande, ma anche di piccole cose...puoi aver bisogno di un lutto, per un parto che non è andato come ti aspettavi, per non essere la persona che avevi immaginato di essere, per qualsiasi cosa che non corrisponda a delle aspettative.
RispondiEliminaIn realtà bisognerebbe imparare a non appoggiarsi troppo alle aspettative, ma questo lo si impara solo attraverso il lutto che ci si lascia vivere...e soprattutto che ci lasciano vivere....pensa solo quando ad un bambino gli si dice..."su , non piangere"...ma se gli viene da piangere perchè non può piangere?...solo perchè l'adulto ci sta male?
A vergognarsi delle proprie sensazioni ce lo insegnano da piccoli...bisogna cambiare, e subito questa mentalità :-).
A piccoli passi...
Grazie
@slela , grazie e speriamo..
RispondiElimina@Emy, è esattamente così, le nostre emozioni vengono soffocate già nell' infanzia, e paradossalmente uuno dei lutti più difficili da superare e più pericolosi è quello della perdita del lavoro a cinquant'anni...
Non ho avuto esperienze dirette di aborti, ma quello che hai scritto mi ha toccato.
RispondiElimina"Al posto di un supporto empatico e non giudicante, che potrebbe semplificare non la portata della perdita ma la sua elaborazione, troviamo spesso soltanto silenzio, distacco e isolamento"
Mi confronto spesso con il mio problema di pormi come giudicante di me stessa e degli altri. Mi toglie energie, serenità, possibili amicizie. Vorrei essere più disponibile all'accettazione che al giudizio ma sembra che questo obiettivo non sia alla mia portata in questa vita.
Ciao e grazie per questa riflessione
mammozza forse in passato ti hanno giudicato spesso, magari sei solo troppo selettiva...sei severa anche nell'autogiudicarti, questo non si fa ;) un bacione.
RispondiElimina"E' forte il rischio di rimanere imprigionate dal passato, e lontane dal presente".
RispondiEliminaQueste parole soprattutto ma anche le altre che hai scritto.. tutte vere...
Vorrei segnalare un'opera di grande valore: http://www.ciaolapo.it/
grazie palmy..conosco molto bene ciao lapo ;) l'ho seguito in silenzio per anni..
RispondiElimina